- Ciao Raffa, parlaci un po' di te e degli Homebreakers: chi sei, cosa fai nella vita oltre a cantare in una rock band, come hai conosciuto gli altri ragazzi del gruppo......
Dopo
un debut album al fulmicotone ed aver incendiato coi loro concerti
tutta la nostra penisola, adesso con una nuova sezione ritmica
partiranno da Montecatini per il loro primo tour europeo. Di chi
stiamo parlando? Degli Homebreakers naturalmente, una delle rock
band più rocciose e granitiche che abbia avuto il piacere
d'ascoltare in questi ultimi anni. A “Voci dalla Piazza”,
Raffaele Martino -o Raffa per gli amici-, front man e cantante
della band, ci spiega tra le altre cose quali sono le sue opinioni a
proposito di cultura, politica e sindacato. Buon divertimento!
Mi
piace pensare di essere un attivista del rock’n’roll, nel senso
che sono 27 anni che lavoro in questo mondo. Ho cominciato col
condurre un programma radiofonico su una radio privata in provincia
di Bari, città da dove provengo, per poi passare ad organizzare
concerti e serate. Congiuntamente a questo ho poi aperto un negozio
di dischi a Carrara, senza trascurare però la mia attività di
booking-management e portando avanti la mia esperienza nel campo
della radiofonia. Successivamente ho avviato un attività di
produzione di merchandise per rock band, attività che mi ha portato
a lavorare e conoscere gli idoli della mia gioventù. A questo punto
mi mancava solo di far parte di una band e detto fatto, sono stato
trascinato da un paio di amici in un progetto senza velleità che ha
finito ben presto per diventare una cosa seria. Un giorno, nella sala
prove dei Golden Shower, a fine sessione, il batterista ed uno dei
chitarristi si sono fermati a jammare e sulle note di “I wanna be
your dog” degli Stooges, ho cominciato a canticchiare qualcosa. A
questo punto sono stato invitato insistentemente a cantare quel pezzo
al microfono; e tra l’insistenza del chitarrista e la mia
riluttanza dovuta al fatto di non aver mai cantato in vita mia, ha
fortunatamente vinto la perseveranza del chitarrista. A 41 anni
(circa 4 anni fa) mi sono quindi trovato catapultato in una rock
band. Ecco, questa è la genesi dei The Homebreakers, che altro non
dovevano essere che la reunion di una band sciolta qualche anno prima
chiamata The Pimps. Attualmente lavoro a tempo pieno presso lo Zio
Rock Music Pub di Lucca, dove ricopro l’incarico di direttore
artistico e mi occupo anche della cucina.
- Ascoltando Heroes of tearsvalley (il debut album degli Homebreakers), sembra quasi di trovarsi di fronte alla scena di un sasso scagliato a tutta rabbia contro ad un vetro. Come sono nati i pezzi che compongono il disco? Hai qualche aneddoto divertente che ci vuoi raccontare legato alla registrazione dell'album?
Heroes
of Tearsvalley è la traslazione, anche se non proprio fedelissima,
di quello che mettiamo sul palco. Avremmo voluto registrare un album
che desse ai nostri pezzi l’impatto dei nostri live show, ma per
mancanza di fondi siamo stati costretti a registrarlo in pochissimo
tempo (3 giorni) ed il risultato, pur se apprezzabile, a nostro
avviso tuttavia non rende giustizia a quello che facciamo dal vivo. I
nostri pezzi sono frutto di una combinazione fatta per il 90% di
attitudine e istinto ed un 10% di tecnica. Quando ci chiudiamo in
sala prove per partorire qualche nuova canzone, qualcuno porta delle
idee (quasi sempre i chitarristi) e non facciamo altro che farci
“correre” sopra i nostri strumenti . Per quello invece che
riguarda i temi e i contenuti dei testi, mentre i musicisti sono in
fase di arrangiamento del pezzo, io, lasciandomi trasportare dal
groove della canzone, mi metto in un angolo e su un pezzo di carta
scrivo le parole. E’ come se certi tipo di sonorità contengano già
un testo che con aspetta altro che di essere svelato.
- Per una band come gli Homebreakers, visto che non ci troviamo a Londra e non siamo negli anni '70, senza scendere troppo nei particolari, quanto è costato in termini di fatica e denaro il fatto di voler distribuire e pubblicare un proprio L.P?
Considerato
il paese nel quale viviamo, mettersi lì a progettare, realizzare e
pubblicare un disco, costa una fatica incredibile, soprattutto se
tratta di un auto produzione come la nostra. Nessuna etichetta si è
mai interessata a noi se non per estorcerci del denaro, cosa che
abbiamo rifiutato e che rifiutiamo categoricamente anche in futuro.
Abbiamo deciso di registrare un album prevalentemente perché ce lo
chiedeva la gente che veniva ai nostri concerti e che voleva tornare
a casa con un nostro disco per riascoltare le nostre canzoni. E poi
anche perché ce lo hanno chiesto anche gli addetti ai lavori, alcuni
giornalisti e promoters.
- Molti anni fa una famosa rock star appartenente ad una notissima band di Los Angeles, in un'intervista rilasciata ad una rivista d'allora, alla domanda “che cosa volete dire con la vostra musica?” più o meno testualmente rispose: “ lo scopo principale della nostra musica è quello di far rilassare quei ragazzi che per otto o nove ore al giorno devono lavorare dentro a una fabbrica”. Se io girassi a te lo stesso quesito, che cosa mi risponderesti?
Più
o meno potrei rispondere come quella rockstar: la nostra musica vuol
solo comunicare gioia. L’obiettivo è quello di far star bene la
gente che viene a vederci e leggere sui volti di chi sta sotto al
palco il divertimento dello star tutti assieme. Della serie la band
ed il pubblico stretti in un abbraccio comune, tanto per intenderci.
Questa vita a cose normali ci presenta già un conto pure troppo
salato, e a mio avviso non deve rovinare anche delle serate di sano
divertimento con delle tematiche inappropriate allo scopo.
- Ad eccezione di qualche locale, per una rock band come gli Homebreakers, conquistare spazi dove poter fare ascoltare la propria musica diventa giorno per giorno sempre più difficoltoso. Nonostante che il successo mondiale ottenuto da band prima di nicchia come Metallica e Guns'n'Roses abbia anche nel nostro paese spianato in qualche modo la strada alla musica rock, come ti spieghi il totale disinteresse delle grandi etichette e delle istituzioni in riguardo a questo tipo di musica?
Vorrei
evitare di essere banale, ma non mi viene in mente nulla che non sia
da ricondurre alla questione culturale. Il nostro paese ha ben altre
tradizioni le quali sappiamo essere fortemente radicate nel tessuto
di una società votata a una sorta di suicidio interculturale, che
propone clichè di bassa lega fatti di sottoprodotti mediatici. In
sostanza se vuoi suonare il rock and roll non dico con successo ma
con soddisfazione, allora devi fartene una ragione a doverlo fare
fuori dai confini nazionali. Le bands italiane, espansi finalmente i
confini e demolite le cortine, all'estero sono finalmente apprezzate
e se consideriamo anche i vantaggi dovuti alle nuove tecnologie
dell'era moderna, allora è possibile ragionare a più ampio respiro
ed uscire da una sorta di ghettizzazione a cui invece vieni costretto
se te ne rimani nel nostro paese. Direi comunque che in Italia gli
spazi per suonare ci sono eccome, piuttosto penso che siamo arrivati
al punto in cui ci sono più persone sul palco che sotto: il nostro
non è solo un paese di santi, navigatori e poeti ma anche e forse
soprattutto di musicisti. Forse la domanda ormai supera l’offerta.
- Tutte le crisi che hanno attraversato il mondo nel corso dei secoli, sono quasi sempre sfociate in eventi “grandiosi” che hanno portato poi a regimi totalitari. Se trasportiamo questo ragionamento nel campo dell'arte, trasmissioni di massa come Amici e Xfactor, cioè rotocalchi televisivi che ad ogni puntata tengono inchiodati davanti al televisore milioni di spettatori, sono per te crisi o eventi “grandiosi” che poi porteranno anche per quanto riguarda la musica a un regime totalitario?
Ahimè
credo che questo atteggiamento decisamente “ostracistico” da
parte dei grandi mezzi di comunicazione che propongono solo talent
show, porti ad un inevitabile appiattimento artistico e
conseguentemente ad un fenomeno pericoloso sia dal punto di vista
sociale che culturale. Se ami fare questo genere di musica, beh
allora non puoi e non devi guardare al tuo paese come a un esempio;
anzi e purtroppo, tutto questo processo involutivo subito dalla
cultura, ci ha ormai portati a guardare alla nostra nazione più come
una minaccia che a un esempio. Purtroppo in Italia l’unico mercato
di riferimento è il mainstream. L’underground invece è la terra
di nessuno, un fenomeno fine a se stesso e senza sbocchi, un'area di
parcheggio per sfigati. All’estero contrariamente esiste un vero e
proprio mercato alternativo, un mercato fatto di addetti ai lavori
più che professionali ed esperti. Per quanto riguarda la musica
rock, infatti, l'invito che voglio rivolgere a tutti è quello di
guardare al di fuori del nostro paese.
- “Il punk è morto quando i Clash firmarono con la C.B.S.”, disse qualcuno a suo tempo. Visto che il rock dovrebbe essere costituito da ingredienti genuini come sangue, sudore e lacrime, gli ingaggi milionari di molte rock star non pensi che possano snaturare anche questo tipo di musica?
Quando
si parla di rock, a mio avviso, dovremmo sforzarci e evitare di farne
una visione prettamente italiana. Fuori dall'Italia il rock è un genere di
massa esattamente come il pop lo è nel nostro paese. Qualsiasi band
underground può entrare in classifica e “svoltare” senza
necessariamente dover leccare il culo a qualcuno. Detto
questo, sappiamo tutti che i soldi ridanno la vista ai ciechi ed è
ormai diventato normale vedere la debacle artistica delle band dopo
che queste hanno cominciato a navigare in buone acque, ma questo
accade un po’ in tutti i campi come ad esempio anche in quello
sportivo. Restare con i piedi per terra e far si che il rock conservi
intatti i propri connotati, secondo me è una cosa sì legata a un
fatto di proletariato, ma molto dipende anche dalla tua formazione
personale. In tal senso i nostri esempi sono gli AC/DC, i Motorhead,
i Ramones e Slayer; gente che ce l’ha fatta senza mai dimenticare
da dove provengono.
- Da buon scrittore edito da una piccola casa editrice locale, mi sono sempre fatto una domanda: se per un qualunque motivo riuscissi a farmi pubblicare un libro da Rizzoli o Feltrinelli, avrei realizzato un sogno o entrerei a far parte di un ingranaggio che sono convinto non condividerei neanche tanto? Cosa ne pensi di questa faccenda?
A
44 anni i miei sogni sono ben altri che farmi pubblicare un disco
dalla Sony o da qualche altra major. E’ chiaro che da cantante di
una rock’n’roll band sogno di suonare con la band davanti a
quanta più gente possibile e di farlo girando il mondo su un
tour-bus, incontrare e conoscere gente e condividere tutto. Ma la
realtà è ben altra e se accadesse l’impossibile penso di avere la
maturità sufficiente per non allontanarmi sconsideratamente dalla
realtà, considerato che molto probabilmente non sono neanche nato
per far parte di certi ingranaggi e/o per condividerne gli effetti
collaterali.
- In maniera molto superficiale ma allo stesso tempo molto poetica, a me piace pensare che il blues sia stato in qualche modo il sindacato degli schiavi che a fine '800 e inizio '900 erano costretti a lavorare nelle piantagioni di cotone lungo le rive del Mississipi. Se io ti dico lavoratori e CgiL, tu cosa mi rispondi?
Ti
rispondo che rappresentano un paradosso, un anomalia del sistema
Italia, due cose che avrebbero dovuto andare a braccetto e che invece
sono diventati due pianeti differenti, una palese rappresentazione
del teatrino dell’assurdo dove la politica muove i fili del
sindacato ed il lavoratore è solo spettatore.
- Un paese, uno stato, ha bisogno per forza di cose di una classe politica che lo gestisca e lo diriga. Cosa pensi dei nostri attuali politici? Classe politica e classe dirigente, sono per te la stessa cosa o rappresentano due entità distinte ma fortemente intrecciate tra loro che però tuttavia agiscono su piani diversi?
La
classe politica e quella dirigente vivono osmoticamente nel regno
della corruzione e della mistificazione. Il labirintico e malvagio
sistema da essi creato in Italia, in un paese civile basterebbe ed
avanzerebbe per scatenare una rivoluzione dai connotati apocalittici.
Il mostro a due teste viene cibato e nutrito dalla dilagante
controcultura che ormai fa presa su un tessuto sociale lobotomizzato.
- Quali sono i progetti futuri per gli Homebreakers?
I
The Homebreakers sono alle prese con un significativo cambiamento
all’interno delle proprie viscere. Batterista e bassista ci hanno
abbandonati una quarantina di giorni fa, ma chi li ha rimpiazzati non
ha fatto altro che aumentare il tasso tecnico-attitudinale della
band. Ne gioverà di certo la nostra musica, ancora più diretta e
più granitica. Con la nuova formazione saremo in tour in Europa a
maggio per la prima volta, toccheremo paesi come Slovenia, forse
Croazia ed Ungheria, poi Austria, Repubblica Ceca, Germania, Olanda e
Belgio. Al ritorno penseremo seriamente a dare un fratellino a Heroes
of Tearsvalley e se le etichette continueranno ad ignorarci, andremo
avanti con l’auto produzione.
Hthe Homebreakers on YOUTUBE
Intervistato da Nick Belanes.
Hthe Homebreakers on YOUTUBE
Intervistato da Nick Belanes.
Grande Raffa!
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