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Blog perverso e polimorfo, abitato da forme di vita aliene e virulente: siamo portatori insani del virus del pensiero diagonale.

domenica 24 febbraio 2013

Intervista ad Andrea Buffa, un grande contastorie dei nostri tempi.





"Non sapere da dove veniamo è funzionale all’essere “guidati” lontano dalle nostre radici". A voci dalla Piazza Andrea Buffa, tra le altre cose, ci parla di Memoria e scambio interculturale. Buon divertimento!

 
  1. Ciao Andrea, parlaci un po' di te, da dove vieni, cosa fai nella vita oltre a comporre canzoni?
Scrivo e interpreto testi e teatrali e, da qualche tempo, ho scritto due libri.

  1. Autori come Francesco Guccini, all'inizio della loro carriera, sono bene o male sempre stati sorretti dalle case discografiche nonostante i loro lavori trovassero scarso riscontro da parte del mercato discografico. Oggi non è più così, ha detto il grande cantautore bolognese in una sua recente intervista. Secondo la tua esperienza, visti e considerati gli spazzi e i tempi attuali, puoi dirci quanta fatica deve investire un autore non in linea con i cliché proposti dalla televisione per poter produrre e distribuire un proprio C.D?
Diciamo che l’investimento è assoluto, soprattutto se si sceglie di non “affiliarsi” a un circuito di distribuzione “alternativo”. Mi spiego: Il “mainstream” fa, oggettivamente cose diverse rispetto a quelle che faccio io, così, verosimilmente, è poco probabile che un casa discografica che opera in questo settore possa essere interessata a quello che faccio. Sia chiaro, è una preclusione “ideologica” e non di carattere commerciale. Noi sappiamo per certo, perché lo abbiamo provato in tanti anni di lavoro, che il pubblico è interessato anche a un lavoro come il nostro. Fuori dal circuito “mainstream” ce n’è qualche altro che, in piccolo, replica principalmente i difetti del circuito principale, rimanendo assolutamente impermeabile alle proposte di chi in qualche modo, non “fa la riverenza”, non è “amico”, “compagno”, non è interessato alla logica “io faccio un pompino a te e tu ne fai uno a me” (non si prenda questa affermazione come una mia posizione negativa nei riguardi del sesso orale!!!). Noi abbiamo le nostre idee, che sicuramente possono essere individuate in un area di pensiero politico-sociale facilmente determinabile, ciononostante non siamo interessati a quelli che fanno il “pugno chiuso” perché fa moda nell’ambiente o a trattare certe tematiche con la retorica che impone l’appartenenza a quel circuito. Non so quanto siamo liberi, sono sicuro che meno di così, non abbiamo intenzione di esserlo.

  1. Quei rotocalchi televisivi come i reality show che ad ogni puntata tengono inchiodati davanti al televisore milioni di spettatori, quanto hanno inciso su quella che è la Memoria storica del nostro Paese?
Diciamo che la televisione, che è il maggior distributore di contenuti nel nostro paese, ha contribuito in modo determinante a creare una sorta di “pensiero unico” orientato ai “valori” di una società capitalista ultraliberista che, come sappiamo bene, è esplosa qualche anno fa.
Memoria e prospettiva sono inglobati dentro questo pensiero unico in cui, soprattutto la memoria tende ad essere posta in ombra al fine di farla scomparire. Non sapere da dove veniamo è funzionale all’essere “guidati” lontano dalle nostre radici.
La televisione è un elemento che ha lavorato con successo a questo scopo. Per quella che è la mia esperienza, nonostante il grande investimento di mezzi, questo risultato è labile e si mantiene soltanto grazie alla continua pressione dei media sull’opinione pubblica. La bellezza del sapere ed essere uomini più completi, l’esigenza di una prospettiva articolata che si basa su una coscienza storica certa, sono più forti e, ogni qual volta ne hanno l’occasione, emergono a dimostrare i segni dell’inevitabile fallimento del “pensiero unico” capitalista.

  1. Se ad un ragazzo dell'età di mia figlia (15 anni) oggi vado a parlargli di “Resistenza”, ho notato il più delle volte che quello mi guarda con occhi sgranati e non sa cosa rispondermi. Considerata la società in cui loro dovranno crescere e diventar grandi e considerate anche le gravose condizioni in cui naviga il nostro “sistema scolastico”, secondo il tuo punto di vista è ancora possibile nel nostro Paese parlare di una rinascita democratica della Memoria?
Credo che in parte la risposta a questa domanda stia in quella precedente. Il sistema scolastico è “sotto attacco” da tempo, ciononostante vedo molti insegnanti indisponibili alla resa che, andando oltre il loro mandato anche in termini economici, non sono disposti ad abdicare il loro ruolo educativo. Nel contempo Non possiamo dimenticare il ruolo che abbiamo tutti in questo senso: come genitori, come lavoratori, come cittadini. Ogni giorno stiamo con altre persone e, senza trasformare in un comizio ogni nostro incontro, abbiamo la possibilità e il dovere di tenere il punto con chi ci sta a fianco. La rinascita democratica della Memoria è un compito anche nostro, fattibile, urgente, al quale non abbiamo motivo di sottrarci e chi ci può vedere vincenti per noi stessi e la società.

  1. Ascoltando “Il sogno di volare” -a mio avviso un disco grandioso- si sente subito fin dalla prima nota che ci troviamo di fronte ad un qualcosa di genuino e dal sano gusto artigiano; cosa questa, ma qui ti parlo a titolo personale, che ho riscontrato anche e soprattutto in alcuni lavori auto prodotti di musica rock. Secondo il tuo punto di vista, in Italia, siamo pronti a quello che per brevità viene comunemente denominato “scambio interculturale”?
Innanzitutto grazie. Poi una precisazione: “Il sogno di volare” non è propriamente un autoproduzione. Una casa discografica, la Galletti-Boston di Faenza, si è fatta carico delle spese di registrazione e produzione del disco, lasciandoci liberi dal punto di vista artistico e, forse, in questo senso, può essere definito un “autoproduzione”.
Relativamente allo “scambio interculturale” è un esigenza di questo mondo che non si può evitare o procrastinare come talune forze politiche cercano, demagogicamente e antistoricamente, di proporre. Credo che nonostante tutto, nonostante le difficoltà che “il pensiero unico” e le tensioni razziste che alcune parti del potere economico politico cercano di alimentare, lo “scambio interculturale” sia sempre più vicino. I miei figli vanno a scuola con bambini che vengono da tutti i continenti. Se riusciremo a respingere il tentativo, per altro logoro e storicamente fallimentare, di ghettizzare, chi, in apparenza, non ci somiglia, potremo dire che lo “scambio interculturale” è già in atto.

  1. Così tanto per giocare un poco con le parole: dovendo descrivere in un solo termine quello che è il tuo approccio alla musica, ti definiresti più cantautore o contastorie?
Le “storie” sono il bacino dal quale traggo la mia ispirazione e anche la forma in cui molto più spesso mi esprimo. Se consideriamo che la mia visione di “cantautore” comprende delle competenze musicale che sinceramente non ho, la risposta è facile: contastorie.
  1. In maniera generale in che modo su quello che è il tuo mestiere hanno inciso rispetto al passato le nuove tecnologie come internet e personal computer?
Credo che le nuove tecnologie abbiano inciso soprattutto dal punto di vista delle relazioni. Io sono in contatto e conosco la musica di molti miei colleghi che, un tempo, non avrei potuto conoscere. La possibilità di confronto è dal punto di vista artistico e umano estremamente determinante. Certo Non tutte le relazioni sono uguali e quando ad una conoscenza virtuale si riesce ad aggiungere una frequentazione reale le cose sono notevolmente diverse.
Per quanto riguarda il lavoro in senso stretto, le nuove tecnologie hanno inciso su due aspetti determinanti: Quello della produzione e quello della comunicazione.
Produrre un disco oggi e molto più facile ed economico che non un tempo. Addirittura si può pensare ad una produzione casalinga , anche se io non l’ho mai fatto, che abbia, comunque, un livello qualitativo accettabile. Dall’altro lato c’è la comunicazione, che è indispensabile per far conoscere il proprio lavoro e che con internet e i social network è sicuramente più accessibile. Naturalmente, una comunicazione relegata al solo ambito web non è sufficiente. E’ un buon punto di partenza, però.

  1. Un paese, uno stato, per essere gestito e diretto in maniera democratica ha per forza bisogno di una classe politica che lo rappresenti. Classe politica e classe dirigente sono per te la stessa cosa o nel mondo di oggi rappresentano due entità distinte ma fortemente intrecciate tra loro che però tuttavia agiscono su piani diversi?
La Democrazia rappresentativa, quale quella del nostro paese, credo che abbia, dal punto di vista teorico, tutte le caratteristiche per sostenere una Democrazia reale e la vita Democratica di una nazione così, indiscutibilmente, la classe politica è funzionale a questo sistema democratico. I problemi ci sono quando il potere economico, direttamente o indirettamente, agisce sulla classe politica che smette di essere la rappresentanza del corpo elettorale e diventa la tutrice di interessi particolari sempre minoritari e in conflitto con le necessità del corpo elettorale, quindi dei lavoratori.
Negli ultimi mesi, nel nostro paese, l’intreccio tra potere politico e potere economico (tra l’altro responsabile della grave crisi mondiale che schiaccia gran parte del mondo) è diventato palese, unificandosi e diventando un unico soggetto. Questo minaccia la Democrazia e la vita stessa di gran parte della popolazione.

  1. Oggi i lavoratori sia che siano operai o piccoli artigiani, sono stati quasi completamente spogliati d'ogni diritto. In maniera molto semplicistica e superficiale ma allo stesso tempo credo molto poetica, a me piace pensare che il blues sia stato in una qualche maniera il “sindacato” degli schiavi che a fine '800 raccoglievano cotone lungo le rive del Mississipi. Se ti chiedo di parlarmi di lavoratori e CgiL, oggi cosa mi dici?
Mah, la CGIL probabilmente pressata del degenerare sempre più rapido delle condizioni di lavoro, ha ultimamente rialzato un po’ la testa. Non ho una simpatia particolare per i sindacati confederali e per le scelte che hanno fatto negli anni.

  1. Per chiudere questa intervista se sei d'accordo con me vorrei rendere omaggio alla Memoria di un personaggio recentemente scomparso. Enzo del Re. Nella speranza che qualche adolescente legga questa intervista, potresti brevemente narrargli chi era quest'uomo?
Sarò sincero: mi prendi in contropiede. Non conoscevo Enzo del Re e il fatto di avere cercato notizie su di lui e ascoltato alcune delle sue canzoni non mi rende comunque adatto al compito che mi vorresti affidare. Quello che posso consigliare è di cercare le sue cose e ascoltare perché ne vale la pena.

Ciao
Andrea

Intervistato da Nick Belanes

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