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Blog perverso e polimorfo, abitato da forme di vita aliene e virulente: siamo portatori insani del virus del pensiero diagonale.

mercoledì 27 febbraio 2013

"L'ARTE RENDE LIBERI"






"Un giorno rimasi sensa lavoro e preso dallo sconforto iniziai a disegnare.....". Antonio Saputo, pittore, a voci dalla Piazza ci parla di società, arte e sindacato. Buon divertimento!

 


1) Ciao Antonio, parlaci un po' di te, cosa fai nella vita?
Sono un artista visivo, pittore e scultore e comunque ogni altra cosa mi permetta di esprimermi, vivo di questo.

  1. A chi t'ispiri nella tua arte e come è nata in te la passione per la pittura e la scultura?
Non posso con certezza assoluta dire quando mi sono sentito artista, cioè creatore, ho sempre e da sempre fatto questo, con periodi altalenanti, con momenti più o meno passionali, ricordo che fui molto stimolato in prima elementare con una produzione di robot…Mi sono avvicinato poi all’Arte tradizionale, ai grandi, li ho conosciuti, sono entrato nei loro dipinti e nelle loro mani, tutti gli artisti creatori sono nel mio cuore passati e presenti, e lo saranno quelli futuri, oggi posso affermare che un artista trova ispirazione in tutto, ogni cosa naturale e no è ispirazione. Ma non parlerei di ispirazione, spesso è come voler dire che c’è una forzatura nel creare, una ricerca…Io credo molto nelle visioni, io ho delle visioni.

  1. Un ragazzo uscito magari anche da un accademia e che oggi decide di cimentarsi in questo lavoro, a tuo avviso, è agevolato o ostacolato dai meccanismi che regolano la società in cui viviamo?
    Per quanto riguarda il creare, in effetti siamo così sommersi dalle immagini nel nostro tempo che pare impossibile generare qualcosa di originale, ma credo anche che la nostra mente e anima siano cosi singolari, uniche, che alla fine tutto questo surplus si annienta e si crea semplicemente. Invece la professione di artista se è il caso di definirla tale, è complessa e regolata da un mondo corrotto, l’artista trova la sua dimensione quando è scevro dai meccanismi di premi, concorsi , giudizi di critici e mostre collettive. Certo oggi pare che l’unico modo sia questo, e cosi assistiamo ad una cremazione degli artisti in base a ciò che possono spendere in termini economici o morali per affermarsi e promuoversi. E questo non aiuta né i giovani né i meno giovani .
    4) Se ce ne sono, rispetto ad altri paesi come per esempio l'America o il nord Europa, quali problemi incontra in Italia un'artista che vuole vivere della sua arte?
Ho l’impressione frequentando artisti anche di altre nazioni, che le problematiche siano proprio le stesse di cui parlavo prima un po’ su tutto il pianeta, e aggiungerei un fatto culturale diffuso anche quello nel mondo ma in Italia in modo particolare, non si compra un dipinto perché piace, perché riempie l’anima, ma perché è di un artista famoso, e perché quel dipinto segue una valutazione. Oltretutto si fa sempre fatica a immaginare un lavoro frutto di Arte, e dunque le legislazioni non sono complete, o lo sono troppo, se da un lato si legifera oberando di tasse i già magri guadagni, dall’altro si lasciano lacune di ordine morale, l’Artista visivo non esiste, è contemplato l’artigianato quello si, ma è una cosa diversa.
    5) In un mondo mutevole e sempre variabile come quello di oggi, le peculiarità umane di un'artista (generalizzando il concetto) sono più o meno sollecitate rispetto al passato?
Non credo, la sensibilità di un uomo è rimasta la stessa, l’attenzione alle problematiche dell’anima e verso i grandi valori anche. Magari è certamente cambiato il modo e non si può nascondere l’evoluzione della società, fortunatamente oggi anche se non abbastanza e molta strada c’è ancora da fare, non ci si scandalizza ad osservare un dipinto dove si ritrae per esempio un amore omosessuale.
    6) Quando i critici e la storia fra 300 anni parleranno di un'opera realizzata nel periodo storico in cui attualmente viviamo (anni '80 ad oggi), sarà a tuo avviso pure solo lontanamente paragonabile a uno di quei capolavori che appartengono anche ad un recente passato e che tutti noi conosciamo (Picasso, Murabito, Guttuso, Manzù, ecc...) ?
E’ una domanda incredibile che mi permette di ribadire un concetto importante. L’Arte è creazione e null’altro a mio avviso, una signora ligure che ha un mio dipinto lo lascerà ai figli e loro lo vedranno come un qualcosa di grande unico geniale che riempie l’anima e lo vorranno sempre sotto il loro sguardo per usufruire sempre di quelle emozioni…Poi c’è il mercato, le sponsorizzazioni di cui i pittori menzionati fanno parte…e credo di si, ci saranno nuovi artisti che il mondo del marketing farà geni assoluti e che saranno pari o superiori ai loro predecessori.
    7) Quanto incide la formazione scolastica su un'artista? E' in grado secondo te la scuola di oggi di far crescere e maturare nei ragazzi quei sentimenti che poi quando saranno cresciuti potrebbero far la differenza tra l'essere un'artista o una cosiddetta “persona normale”?
Nessuna scuola formerà mai un artista, il cuore, il pathos, la gioia, il dolore non si insegnano ma si imparano con le esperienze, gli artisti sono esseri che vivono come tutti, ma si strappano il cuore e lo rovesciano su un supporto morendo e rinascendo…apro una parentesi per dire che la tecnica uccide le visioni, un artista dovrebbe liberarsene.
    8) Si dice un po' per luogo comune che la politica è un arte. Ma arte e politica possono andare veramente d'accordo? Perché?
La politica nella sua accezione è un movimento umano nobile, dunque certo che si, che potrebbe fondersi con l’Arte, ma esiste un problema di fondo, la politica è anche fusione di una società tra ricco e povero, essa si deve occupare di tutti, e nella realtà ben sappiamo cosa succede, dunque nella realtà un artista che sposa una parte della politica fa una scelta. L’Arte scava nel profondo dell’anima di un uomo.
    9) Pur se con molti problemi e con alcune forti contraddizioni il sindacato negli anni '70 pareva riuscire a rappresentare in maniera adeguata i lavoratori oltre che al tavolo delle contrattazioni anche da un punto di vista culturale. Oggi è sempre così o le cose sono cambiate?
Anche se con le migliori intenzioni, ritengo che il sindacato non abbia mai veramente rappresentato i lavoratori , ma è vero che fino agli anni settanta, ci è andato molto vicino, e i risultati c’erano, palesi, visibili, si potrebbe dire che la strada con le lotte ed il sangue era stata tracciata, e si poteva e doveva continuare. Il capitalismo, si è dimostrato più forte, più naturalmente subdolo e strategico. Il sindacato nei suoi vertici, non ha compreso che i lavoratori sono lo specchio della società, e dunque avrebbe dovuto innalzare una sorta di barriera anticonsumistica e antidistruttiva di quei valori che animavano i lavoratori, in parole semplice doveva restare sul pezzo…Invece la caduta dei valori morali dagli ottanta in poi appunto ha generato una classe lavorativa ibrida, che si credeva yuppie ora e disastrata poi…una fusione, una situazione drammatica, in cui la gente ha preferito il fatuo sogno, ed ecco anche l’ascesa politica di individui che del e nel capitalismo sono fautori. In questo periodo i sindacati sono nulli, neutri ed incapaci di trascinare, al loro posto si sostituiscono o partiti politici o movimenti, da quello viola a quello di Grillo, ed è un peccato…è come avere un cacciavite nuovo chiuso in bache ca e non poterlo utilizzare, si fa con quello che si ha, e ci rimettono i lavoratori. Sarebbe bello se una movimentazione delle classi dirigenti del sindacato ci fosse, e partisse dal basso, a tutt’oggi nessun sindacalista ai vertici fa autocritica, neanche sugli stipendi stratosferici che prendono rispetto ai lavoratori. Oltretutto il sindacato si è adagiato nella condizione di ente di servizio…fanno praticamente solo 730….
    10) Se tu potessi descrivere la nostra società con uno dei grandi capolavori del passato (quadro o scultura), quale opera sceglieresti?
Onestamente non ne ho la più pallida idea, non credo che un’opera del passato possa descrivere la società odierna, le epoche non si assomigliano, e se le opere rappresentano un artista, dunque anche un momento storico del suo vissuto, è veramente difficile fare questo, Ma comunque un dipinto uno qualsiasi di qualsiasi impressionista, potrebbe dimostrarci che vedere le cose con occhi diversi, con gli occhi dell’anima, è una cosa sempre attuale, e io ritengo che in fondo ogni cosa sia bella da vedere se si fa emergere l’anima.
Intervistato da Nick Belanes.



martedì 26 febbraio 2013

Un evento straordinario:"Vi licenzio adesso!"


Antonio,storia di una lotta e di un atto di amore verso il Teatro.


1) La situazione dei siti culturali in Italia è drammatica,da tempo i vari governi e le amministrazioni locali tentano di ridurre i fondi destinati al mantenimento e al potenziamento degli enti musicali,teatrali ecc. In questa ottica rientrano anche i licenziamenti,riduzione delle spese,tagli vari,come nel caso del Comunale di Firenze,della cui odissea si sono lungamente interessati i quotidiani negli ultimi mesi. In questo caso c’è anche un “valore aggiunto” che è quello dei licenziamenti “mirati”, rivolti cioè verso quei lavoratori dello spettacolo che più si erano distinti negli ultimi anni nella lotta per tutelare i diritti della loro categoria. Fra questi anche Antonio,che ha gentilmente risposto a qualche domanda,alla fine di un percorso che lo ha portato,insieme ad altri 7,attraverso una lotta dura e creativa,dall’incubo del licenziamento alla felicità del reintegro.alla soddisfazione di avere ottenuto una vittoria dai più ritenuta impossibile,anche perché ottenuta contro poteri particolarmente forti..

 Mi chiamo Antonio Tal Dei Tali e lavoro ai mercati generali..... no scherzavo, questa battuta la possono capire solo i quasi sessantenni come me (era una canzone di un gruppo del secolo scorso) forse ha ragione Renzi che voleva rottamarmi. Ricominciamo. Mi chiamo Antonio Carrara e lavoro al teatro del Maggio Musicale Fiorentino da tanti anni che quasi non mi ricordo più quanti, faccio il tecnico d’orchestra, un lavoro forse non prezioso per la Comunità ma nella nostra piccola comunità, essenziale. Il 31 dicembre 2012 sono stato licenziato insieme ad altri 7 compagni in quanto troppo troppo vecchio,un mese dopo, il 31 gennaio 2013 il licenziamento è stato ritirato, e non perchè il sindaco/presidente del teatro è buono, ma per l’azione di lotta che abbiamo intrapreso con l’aiuto essenziale della Camera del lavoro, i media e la nostra ostinazione

 2) Abbiamo tutti letto della vostra lotta sui quotidiani,e il risultato positivo è stato quasi un salto all'indietro nel tempo,visti i tempi che stiamo vivendo. Anche se abbiamo anche casi positivi,tipo i reintegri alla Fiat. Quali sono secondo te i motivi per i quali la vostra lotta ha avuto esito positivo? Cosa ha rappresentato per voi a livello umano la lotta dura portata avanti nell'ultimo mese?

Faccio sindacato in maniera attiva da svariati anni, ma era la prima volta che dovevo misurarmi con dei licenziamenti e fra i licenziati c’ero non soltanto io ma anche la mia compagna. Come coppia di fatto hanno potuto licenziarci tutte e due. Se fossimo stati una coppia “legittima” non sarebbe stato possibile. Cosa dire è stato un mese di riunioni, di studio di strategie, di azioni il tutto condito con il rumore sordo dentro la testa che faceva la rabbia, la rabbia di chi è convinto profondamente di aver subito un’ingiustizia e di voler uscire da quell’incubo limaccioso dove Renzi ci aveva spedito. Noi siamo stati quelli che hanno detto di no agli esodi volontari e per questo siamo stati puniti con la massima pena. Fuso, il segretario provinciale della camera del lavoro ha definito il licenziamento come una condanna a morte ed è così che ci sentivamo con l’aggiunta che eravamo innocenti, rimasti intrappolati da una lista di proscrizione che ad un attento esame è risultata falsa e incompleta, non a caso 6 degli 8 licenziati appartenevamo alla CGIL e tre erano dirigenti sindacali.

3) Durante la campagna elettorale per le primarie del centrosinistra il sindaco di Firenze,vostro datore di lavoro,ha utilizzato il famoso Camper con la scritta "ADESSO",voi avete avuto l'idea di girare per le vie di Firenze con un camper su cui avete esposto una scritta ironica. Come è nata l'idea,ha avuto successo?

L’idea di girare con un camper identico a quello di Renzi con una scritta che ricordasse la sua campagna elettorale, come tutte le altre idee attuate o no, è venuta dal confronto giornaliero che avevamo fra di noi nella saletta delle RSA all’interno del teatro. Il filo rosso delle nostre iniziative è stato sempre lo stesso, da una parte coinvolgere le istituzioni, provincia, regione, comune attraverso le commissioni cultura e nel caso di provincia e regione dai rispettivi presidenti che abbiamo trovato attenti e dalla nostra parte, dall’altra da azioni non violente ma appetibili dai media. Il camper con la scritta VI LICENZIO ADESSO rispondeva pienamente a questa idea, ed è proprio con questa iniziativa che abbiamo bucato l’informazione regionale e siamo passati a quella nazionale. La risposta dei fiorentini è stata eccezionale, la gente ci fermava per la strada per mostrarci il suo affetto e incoraggiarci a continuare. E’ in questo momento, credo, che il sindaco/presidente ha avuto il sentore di aver fatto una “bischerata” a licenziarci e che la ricaduta elettorale in termini di voti poteva essere pesante, da li si è riaperto il tavolo della trattativa. Da dopo il camper ha dovuto fronteggiare una fronda agguerrita di bersaniani che in un caldissimo consiglio comunale avrebbero votato contro di lui, il sindaco/presidente ha dovuto far uscire i suoi per far mancare il numero legale, insomma la guerra si stava allargando ed anche da Roma arrivavano domande sul suo operato. Intanto alla camera del lavoro di Firenze, per l’incontro programmatico annuale con le istituzioni, per la prima volta il sindaco non era stato invitato. Insomma lo stavamo mediaticamente e politicamente accerchiando. Ultima ciliegina il caloroso e fuori dai rigidi protocolli, l’incontro con il cardinale Betori. più di così cinque persone non potevano fare.

4) Qual è stato l'atteggiamento delle forze politiche e dei sindacati?

 La nostra lotta per il ritiro dei licenziamenti è durata un mese all’interno del quale si possono delineare due periodi, il primo quello delle azioni contro il sopruso che avevamo subito è stato condotto essenzialmente da noi licenziati a cui ha fatto seguito un periodo più politico dove le istituzioni si sono fatte sentire. I nostri alleati migliori sono stati in primis e soprattutto la CGIL nella figura di Mauro Fuso persona veramente speciale che ci ha appoggiato nella prima fase e poi ha condotto una trattativa serrata con il sindaco e non si arreso sino alle 20.30 del 31 gennaio quando è stato firmato l’accordo,solo tre ore e mezzo prima dello scadere dei termini. Un ringraziamento anche alla CISL capace compagna di lotta. Le forze politiche? Tutte soprattutto SEL e PD, la parte bersaniana ovviamente. Il presidente della provincia di Firenze Barducci, il governatore della Toscana Rossi, Il ministro della cultura e spettacolo che ci ha dato un bel aiuto commissariando il teatro e cacciando con ignominia “per gravi irregolarità gestionali” la sovrintendente Francesca Colombo, il cardinale Betori che ci ha messo a disposizione il suo “assessore al lavoro” Don Momigli, e infine ma non ultimi tutti i fotoreporter, giornalisti della carta stampata e della tv che ci hanno seguito da vicino permettendo la riuscita positiva della questione. Insomma Renzi era accerchiato e diciamolo stava facendo una bella figura di merda.

5) Pensi che ci sia un futuro in Italia per i teatri e per la cultura popolare?

Penso di sì. Vent’anni di Berlusconismo, tv spazzatura, nani puttane e saltimbanchi, non sono riusciti a uccidere ancora i Teatri, sono si agonizzanti ma ancora vivi, certo il teatro ha bisogno di finanziamenti pubblici perchè con solo i  biglietti non si pagherebbero nemmeno i cantanti, i soldi del FUS (fondo unico dello spettacolo) sono insufficienti senza l’apporto di soldi freschi dai privati (detassando chi investe nel settore) si andrà da poche parti. Non è vero che i teatri lirico sinfonici sono soltanto dei buchi mangiasoldi. Il giro di affari che che si muove attorno agli spettacoli live  è enorme e non bisogna guardare soltanto il costo vivo per mettere in scena questa o quell’opera, ma tutto nel suo insieme.Comunque questo discorso è lungo e complesso e richiederebbe pagine e pagine, soltanto per parlare del cambiamento delle scenografie negli ultimi anni, di come la tecnologia del virtuale è entrata prepotentemente sulla scene, ma questo è un altro discorso, io  personalmente continuo a preferire le scene costruite con legno, telette e fondali dipinti e quì si ritorna all’inizio della conversazione, forse aveva ragione Renzi, sono vecchio.


Intervistato da Gek Labolina




domenica 24 febbraio 2013

Intervista ad Andrea Buffa, un grande contastorie dei nostri tempi.





"Non sapere da dove veniamo è funzionale all’essere “guidati” lontano dalle nostre radici". A voci dalla Piazza Andrea Buffa, tra le altre cose, ci parla di Memoria e scambio interculturale. Buon divertimento!

 
  1. Ciao Andrea, parlaci un po' di te, da dove vieni, cosa fai nella vita oltre a comporre canzoni?
Scrivo e interpreto testi e teatrali e, da qualche tempo, ho scritto due libri.

  1. Autori come Francesco Guccini, all'inizio della loro carriera, sono bene o male sempre stati sorretti dalle case discografiche nonostante i loro lavori trovassero scarso riscontro da parte del mercato discografico. Oggi non è più così, ha detto il grande cantautore bolognese in una sua recente intervista. Secondo la tua esperienza, visti e considerati gli spazzi e i tempi attuali, puoi dirci quanta fatica deve investire un autore non in linea con i cliché proposti dalla televisione per poter produrre e distribuire un proprio C.D?
Diciamo che l’investimento è assoluto, soprattutto se si sceglie di non “affiliarsi” a un circuito di distribuzione “alternativo”. Mi spiego: Il “mainstream” fa, oggettivamente cose diverse rispetto a quelle che faccio io, così, verosimilmente, è poco probabile che un casa discografica che opera in questo settore possa essere interessata a quello che faccio. Sia chiaro, è una preclusione “ideologica” e non di carattere commerciale. Noi sappiamo per certo, perché lo abbiamo provato in tanti anni di lavoro, che il pubblico è interessato anche a un lavoro come il nostro. Fuori dal circuito “mainstream” ce n’è qualche altro che, in piccolo, replica principalmente i difetti del circuito principale, rimanendo assolutamente impermeabile alle proposte di chi in qualche modo, non “fa la riverenza”, non è “amico”, “compagno”, non è interessato alla logica “io faccio un pompino a te e tu ne fai uno a me” (non si prenda questa affermazione come una mia posizione negativa nei riguardi del sesso orale!!!). Noi abbiamo le nostre idee, che sicuramente possono essere individuate in un area di pensiero politico-sociale facilmente determinabile, ciononostante non siamo interessati a quelli che fanno il “pugno chiuso” perché fa moda nell’ambiente o a trattare certe tematiche con la retorica che impone l’appartenenza a quel circuito. Non so quanto siamo liberi, sono sicuro che meno di così, non abbiamo intenzione di esserlo.

  1. Quei rotocalchi televisivi come i reality show che ad ogni puntata tengono inchiodati davanti al televisore milioni di spettatori, quanto hanno inciso su quella che è la Memoria storica del nostro Paese?
Diciamo che la televisione, che è il maggior distributore di contenuti nel nostro paese, ha contribuito in modo determinante a creare una sorta di “pensiero unico” orientato ai “valori” di una società capitalista ultraliberista che, come sappiamo bene, è esplosa qualche anno fa.
Memoria e prospettiva sono inglobati dentro questo pensiero unico in cui, soprattutto la memoria tende ad essere posta in ombra al fine di farla scomparire. Non sapere da dove veniamo è funzionale all’essere “guidati” lontano dalle nostre radici.
La televisione è un elemento che ha lavorato con successo a questo scopo. Per quella che è la mia esperienza, nonostante il grande investimento di mezzi, questo risultato è labile e si mantiene soltanto grazie alla continua pressione dei media sull’opinione pubblica. La bellezza del sapere ed essere uomini più completi, l’esigenza di una prospettiva articolata che si basa su una coscienza storica certa, sono più forti e, ogni qual volta ne hanno l’occasione, emergono a dimostrare i segni dell’inevitabile fallimento del “pensiero unico” capitalista.

  1. Se ad un ragazzo dell'età di mia figlia (15 anni) oggi vado a parlargli di “Resistenza”, ho notato il più delle volte che quello mi guarda con occhi sgranati e non sa cosa rispondermi. Considerata la società in cui loro dovranno crescere e diventar grandi e considerate anche le gravose condizioni in cui naviga il nostro “sistema scolastico”, secondo il tuo punto di vista è ancora possibile nel nostro Paese parlare di una rinascita democratica della Memoria?
Credo che in parte la risposta a questa domanda stia in quella precedente. Il sistema scolastico è “sotto attacco” da tempo, ciononostante vedo molti insegnanti indisponibili alla resa che, andando oltre il loro mandato anche in termini economici, non sono disposti ad abdicare il loro ruolo educativo. Nel contempo Non possiamo dimenticare il ruolo che abbiamo tutti in questo senso: come genitori, come lavoratori, come cittadini. Ogni giorno stiamo con altre persone e, senza trasformare in un comizio ogni nostro incontro, abbiamo la possibilità e il dovere di tenere il punto con chi ci sta a fianco. La rinascita democratica della Memoria è un compito anche nostro, fattibile, urgente, al quale non abbiamo motivo di sottrarci e chi ci può vedere vincenti per noi stessi e la società.

  1. Ascoltando “Il sogno di volare” -a mio avviso un disco grandioso- si sente subito fin dalla prima nota che ci troviamo di fronte ad un qualcosa di genuino e dal sano gusto artigiano; cosa questa, ma qui ti parlo a titolo personale, che ho riscontrato anche e soprattutto in alcuni lavori auto prodotti di musica rock. Secondo il tuo punto di vista, in Italia, siamo pronti a quello che per brevità viene comunemente denominato “scambio interculturale”?
Innanzitutto grazie. Poi una precisazione: “Il sogno di volare” non è propriamente un autoproduzione. Una casa discografica, la Galletti-Boston di Faenza, si è fatta carico delle spese di registrazione e produzione del disco, lasciandoci liberi dal punto di vista artistico e, forse, in questo senso, può essere definito un “autoproduzione”.
Relativamente allo “scambio interculturale” è un esigenza di questo mondo che non si può evitare o procrastinare come talune forze politiche cercano, demagogicamente e antistoricamente, di proporre. Credo che nonostante tutto, nonostante le difficoltà che “il pensiero unico” e le tensioni razziste che alcune parti del potere economico politico cercano di alimentare, lo “scambio interculturale” sia sempre più vicino. I miei figli vanno a scuola con bambini che vengono da tutti i continenti. Se riusciremo a respingere il tentativo, per altro logoro e storicamente fallimentare, di ghettizzare, chi, in apparenza, non ci somiglia, potremo dire che lo “scambio interculturale” è già in atto.

  1. Così tanto per giocare un poco con le parole: dovendo descrivere in un solo termine quello che è il tuo approccio alla musica, ti definiresti più cantautore o contastorie?
Le “storie” sono il bacino dal quale traggo la mia ispirazione e anche la forma in cui molto più spesso mi esprimo. Se consideriamo che la mia visione di “cantautore” comprende delle competenze musicale che sinceramente non ho, la risposta è facile: contastorie.
  1. In maniera generale in che modo su quello che è il tuo mestiere hanno inciso rispetto al passato le nuove tecnologie come internet e personal computer?
Credo che le nuove tecnologie abbiano inciso soprattutto dal punto di vista delle relazioni. Io sono in contatto e conosco la musica di molti miei colleghi che, un tempo, non avrei potuto conoscere. La possibilità di confronto è dal punto di vista artistico e umano estremamente determinante. Certo Non tutte le relazioni sono uguali e quando ad una conoscenza virtuale si riesce ad aggiungere una frequentazione reale le cose sono notevolmente diverse.
Per quanto riguarda il lavoro in senso stretto, le nuove tecnologie hanno inciso su due aspetti determinanti: Quello della produzione e quello della comunicazione.
Produrre un disco oggi e molto più facile ed economico che non un tempo. Addirittura si può pensare ad una produzione casalinga , anche se io non l’ho mai fatto, che abbia, comunque, un livello qualitativo accettabile. Dall’altro lato c’è la comunicazione, che è indispensabile per far conoscere il proprio lavoro e che con internet e i social network è sicuramente più accessibile. Naturalmente, una comunicazione relegata al solo ambito web non è sufficiente. E’ un buon punto di partenza, però.

  1. Un paese, uno stato, per essere gestito e diretto in maniera democratica ha per forza bisogno di una classe politica che lo rappresenti. Classe politica e classe dirigente sono per te la stessa cosa o nel mondo di oggi rappresentano due entità distinte ma fortemente intrecciate tra loro che però tuttavia agiscono su piani diversi?
La Democrazia rappresentativa, quale quella del nostro paese, credo che abbia, dal punto di vista teorico, tutte le caratteristiche per sostenere una Democrazia reale e la vita Democratica di una nazione così, indiscutibilmente, la classe politica è funzionale a questo sistema democratico. I problemi ci sono quando il potere economico, direttamente o indirettamente, agisce sulla classe politica che smette di essere la rappresentanza del corpo elettorale e diventa la tutrice di interessi particolari sempre minoritari e in conflitto con le necessità del corpo elettorale, quindi dei lavoratori.
Negli ultimi mesi, nel nostro paese, l’intreccio tra potere politico e potere economico (tra l’altro responsabile della grave crisi mondiale che schiaccia gran parte del mondo) è diventato palese, unificandosi e diventando un unico soggetto. Questo minaccia la Democrazia e la vita stessa di gran parte della popolazione.

  1. Oggi i lavoratori sia che siano operai o piccoli artigiani, sono stati quasi completamente spogliati d'ogni diritto. In maniera molto semplicistica e superficiale ma allo stesso tempo credo molto poetica, a me piace pensare che il blues sia stato in una qualche maniera il “sindacato” degli schiavi che a fine '800 raccoglievano cotone lungo le rive del Mississipi. Se ti chiedo di parlarmi di lavoratori e CgiL, oggi cosa mi dici?
Mah, la CGIL probabilmente pressata del degenerare sempre più rapido delle condizioni di lavoro, ha ultimamente rialzato un po’ la testa. Non ho una simpatia particolare per i sindacati confederali e per le scelte che hanno fatto negli anni.

  1. Per chiudere questa intervista se sei d'accordo con me vorrei rendere omaggio alla Memoria di un personaggio recentemente scomparso. Enzo del Re. Nella speranza che qualche adolescente legga questa intervista, potresti brevemente narrargli chi era quest'uomo?
Sarò sincero: mi prendi in contropiede. Non conoscevo Enzo del Re e il fatto di avere cercato notizie su di lui e ascoltato alcune delle sue canzoni non mi rende comunque adatto al compito che mi vorresti affidare. Quello che posso consigliare è di cercare le sue cose e ascoltare perché ne vale la pena.

Ciao
Andrea

Intervistato da Nick Belanes

domenica 17 febbraio 2013

GODZ OF THE MONOLITH IS BACK!






    Alla fine degli anni '80, in noi ragazzi d'allora, i Monolith già erano leggenda. Dopo un quarto di secolo dal loro scioglimento, con un c.d. uscito recentemente e contenente tutti i loro successi, adesso sono la storia. A “Voci dalla Piazza” Maurizio “Godzilla” Passaglia, chitarrista e fondatore della mitica rock band versiliese ci parla di vita, di morte....e di altre cosette. Buon divertimento!.
     
  1. Ciao Maurizio, parlaci un po' di te, cosa fai adesso nella vita......e di Godzilla?
    Gestisco con grandi difficoltà un banco al mercato di Viareggio. Come puoi capire, faccio un qualcosa di molto diverso da quello che invece avrebbe voluto fare Godzilla. Lui avrebbe preferito calcare i palchi di tutto il mondo, suonare il suo rock e divertirsi alla grande. Godzilla rappresenta la parte di me più irrazionale, animalesca e impulsiva. E' stato lui infatti a guidarmi ai programmi radio come RADIO BABILONIA (1979-1980), sul palco coi Monolith e anche quando gestivo a Viareggio il negozio di dischi dello Scacco Matto. Egli crede ancora che Conan sia un uomo in carne ed ossa, e che possa piombare nel nostro mondo sovvertendolo.
     
  2. Secondo le tue esperienze imprenditoriali, come si è evoluto il mondo della piccola impresa negli ultimi trent'anni?
    Parlare dell'evoluzione della piccola impresa negli ultimi trent'anni è arduo.....un po' perché le piccole imprese sono a mio avviso quasi completamente estinte, un po' anche perché quelle che sono rimaste sono strangolate da banche, stato, comuni, ecc...ecc...

  3. L'heavy metal italiano e in principal modo il mondo underground del rock versiliese, devono a mio avviso moltissimo a una band che per dirla in maniera molto eufemistica tu conosci benissimo. I Monolith. Vuoi parlarci un poco di loro, di come si è formato il gruppo, ecc..
     I Monolith si formarono per evoluzione naturale della band dei Magnet, un power trio fortemente ancorato agli anni '70. L'uscita del primo Iron Maiden e l'esplosione della NWOBHM determinarono la repentina virata verso sonorità più dure e marcate. Il nostro problema più grosso fu quello di essere “figli di provincia”, cosa questa che c'impedì di ricevere un'adeguata attenzione e una buona produzione da parte degli addetti ai lavori. Riuscimmo comunque, grazie ad una ferrea determinazione, a far circolare i nostri demos auto prodotti e a partecipare a tre rassegne nazionali di una certa importanza. Quel periodo storico per le bands hard and heavy fu veramente un momento magico. Però quello che ricordo più volentieri di tutta questa faccenda è il fatto che i Monolith non erano solo una band, ma un modus vivendi di cinque amici che assieme passavano gran parte del loro tempo a suonare, a bere, a scherzare, a litigare. Insomma, quelle sono state per me giornate e nottate indimenticabili.
     
  4. Verso la fine degli anni '80 avevi aperto a Viareggio un bellissimo negozio di dischi dove il sottoscritto riuscì addirittura a trovare il secondo album dei Girl, la band inglese dove militavano Phil Lewis e Phil Collen. lo Scacco Matto, appunto. Andando a rovistare nei cassetti della memoria, ci puoi ricordare quei tempi: il giro di ragazzi che s'era formato attorno alla tua attività, come ti procuravi quei dischi che non riuscivi a trovare in nessun altro negozio, ecc...
    Lo Scacco Matto (che era nato a Camaiore alla fine del 1985) fu un esperienza tanto fallimentare dal punto di vista commerciale, quanto bellissima da quello umano. Per molti ragazzi era un vero e proprio ritrovo dove potevano passare ore ad ascoltare musica, parlare di musica e anche fare della musica: una delle mie chitarre era sempre in negozio e a disposizione di tutti. In quel luogo si scherzava, si rideva, nascevano e morivano relazioni sentimentali. Pure se ero un po' troppo in anticipo sui tempi, avevo iniziato anche a trattare in contro tendenza il vinile; i miei fornitori di fiducia erano gli eroi della HAPPY RECORDS di Lido di Camaiore, veri intenditori e sopraffini collezionisti sfegatati. Se per l'epoca credo di essere stato uno dei maggiori spacciatori in Versilia di rarità, questo fatto lo devo senz'altro anche a loro.

  5. Gli spazi che contano per la musica rock e per chi vuole affacciarsi al mondo della piccola imprenditoria si stanno riducendo sempre di più al lumicino. In televisione impazzano rotocalchi come Amici ed Xfactor, il mondo della politica è quello che noi tutti conosciamo e per chi vuole aprire una piccola attività, la strada è sempre tutta in salita. Esiste per te un minimo comune denominatore che accomuna questi fattori?
    Non so se ho capito bene la domanda.....ma credo di poter dire che il problema più grosso sia costituito dall'accentramento di potere. Delle multinazionali, per esempio, che dettano sapientemente leggi e regole commerciali. Dello stato italiano invece preferirei non parlare neppure: se si confrontano gli standard sociali e lavorativi di Germania, Olanda e Inghilterra....c'è soltanto da vergognarsi. Anche il mondo della musica, da sempre popolato da squali e tira pacchi, oggi è del tutto prefabbricato. Non c'è molto da dire.....solo sperare che internet e le nuove tecnologie, molto più accessibili di ieri, possano aiutare in una nuova rinascita. Ma tu ci credi? Io no.

  1. Una volta, noi amanti della musica rock, eravamo subito riconoscibili a colpo d'occhio: chi più o meno ma tutti avevamo i capelli lunghi e trasandati, il giubbotto di pelle e i modi di fare un po' rudi. La musica ricordo che era per noi importante quanto la vita e riusciva inoltre ad accomunarci come fratelli. In quest'epoca super tecnologica dominata da computer e Iphone, secondo te, per chi oggi va ai concerti ed ascolta musica rock, funziona ancora così?
    Credo che qua la differenza sostanziale stia in un punto fondamentale: una volta la musica era una sorta di pretesto per stare assieme, affrontando così anche un'esperienza che in qualche misura richiedeva un impegno all'ascolto e un uso della critica. Oggi i concerti mi pare che siano sostanzialmente delle cerimonie dove si va soprattutto ad officiare un personaggio. Detta in altri termini: se prima c'era un soggetto manifestante e un altro ricevente\critico, oggi io vedo soltanto un soggetto dominante e una massa di adoratori passivi. Questa, appunto, mi pare una differenza sostanziale.
     
  2. Oggi i lavoratori sia che siano operai o piccoli imprenditori, sono stati quasi completamente spogliati d'ogni diritto. In maniera molto semplicistica e superficiale ma allo stesso tempo molto poetica, a me piace pensare che il blues sia stato in una qualche maniera il “sindacato” degli schiavi che a fine '800 raccoglievano cotone lungo le rive del Mississipi. Se ti chiedo di parlarmi di lavoratori e CgiL, cosa mi dici?
    Questa domanda sul sindacato è per me molto imbarazzante, perché non so veramente cosa rispondere. La CgiL ha nel mio cuore uno spazio preferenziale perché ne conosco la storia e so quanto anche in passato ha fatto per i lavoratori. E voglio pensare che in quest'epoca stia cercando di ritrovare un punto d'equilibrio al suo interno in modo molto mutato e mutante.

  3. Classe politica e classe dirigente, sono per te la stessa cosa? Se non lo sono, quali sono i motivi e le caratteristiche che le distinguono?
    Classe politica e dirigente sono nella mia opinione la stessa cosa, qualunque nome e formazione assumano. Detto questo spero d'essere contraddetto quanto prima dai fatti.

  4. Per chiudere questa intervista, ci puoi raccontare qualche aneddoto divertente legato alla storia dei Monolith?
    Aneddoti da raccontare ce ne sarebbero molti: da Max che mi faceva ridere con la sua vocina (tipo Paperino) mentre io ero in linea con l'Inghilterra a trattare il nostro mai avvenuto contratto discografico, a quando fummo convocati a Sanremo da una pseudo etichetta che alla fine voleva soltanto farci cagare parecchi soldi per incidere con loro!!!! Ricoprimmo quel tipo d'insulti e lo mandammo a cagare, scatenando un vero e proprio casino negli uffici della casa discografica.

  5. Mad Max......
    Massimiliano Lazzerini (Mad Max) era l'energia vitale dei Monolith....ma soprattutto è stato un fratello che ora purtroppo non c'è più. Ho il timore che Viareggio lo abbia dimenticato e che non gli sia stata resa giustizia per le belle cose che ha fatto con la sua chitarra.

    Intervistato da Nick Belanes.


Monolith on YOUTUBE

sabato 16 febbraio 2013

INTERVISTA A RAFFAELE MARTINO, CANTANTE DALLA ROCK BAND DEGLI HOMEBREAKERS

    Dopo un debut album al fulmicotone ed aver incendiato coi loro concerti tutta la nostra penisola, adesso con una nuova sezione ritmica partiranno da Montecatini per il loro primo tour europeo. Di chi stiamo parlando? Degli Homebreakers naturalmente, una delle rock band più rocciose e granitiche che abbia avuto il piacere d'ascoltare in questi ultimi anni. A “Voci dalla Piazza”, Raffaele Martino -o Raffa per gli amici-, front man e cantante della band, ci spiega tra le altre cose quali sono le sue opinioni a proposito di cultura, politica e sindacato. Buon divertimento!

     
  • Ciao Raffa, parlaci un po' di te e degli Homebreakers: chi sei, cosa fai nella vita oltre a cantare in una rock band, come hai conosciuto gli altri ragazzi del gruppo......

Mi piace pensare di essere un attivista del rock’n’roll, nel senso che sono 27 anni che lavoro in questo mondo. Ho cominciato col condurre un programma radiofonico su una radio privata in provincia di Bari, città da dove provengo, per poi passare ad organizzare concerti e serate. Congiuntamente a questo ho poi aperto un negozio di dischi a Carrara, senza trascurare però la mia attività di booking-management e portando avanti la mia esperienza nel campo della radiofonia. Successivamente ho avviato un attività di produzione di merchandise per rock band, attività che mi ha portato a lavorare e conoscere gli idoli della mia gioventù. A questo punto mi mancava solo di far parte di una band e detto fatto, sono stato trascinato da un paio di amici in un progetto senza velleità che ha finito ben presto per diventare una cosa seria. Un giorno, nella sala prove dei Golden Shower, a fine sessione, il batterista ed uno dei chitarristi si sono fermati a jammare e sulle note di “I wanna be your dog” degli Stooges, ho cominciato a canticchiare qualcosa. A questo punto sono stato invitato insistentemente a cantare quel pezzo al microfono; e tra l’insistenza del chitarrista e la mia riluttanza dovuta al fatto di non aver mai cantato in vita mia, ha fortunatamente vinto la perseveranza del chitarrista. A 41 anni (circa 4 anni fa) mi sono quindi trovato catapultato in una rock band. Ecco, questa è la genesi dei The Homebreakers, che altro non dovevano essere che la reunion di una band sciolta qualche anno prima chiamata The Pimps. Attualmente lavoro a tempo pieno presso lo Zio Rock Music Pub di Lucca, dove ricopro l’incarico di direttore artistico e mi occupo anche della cucina.

  • Ascoltando Heroes of tearsvalley (il debut album degli Homebreakers), sembra quasi di trovarsi di fronte alla scena di un sasso scagliato a tutta rabbia contro ad un vetro. Come sono nati i pezzi che compongono il disco? Hai qualche aneddoto divertente che ci vuoi raccontare legato alla registrazione dell'album?

Heroes of Tearsvalley è la traslazione, anche se non proprio fedelissima, di quello che mettiamo sul palco. Avremmo voluto registrare un album che desse ai nostri pezzi l’impatto dei nostri live show, ma per mancanza di fondi siamo stati costretti a registrarlo in pochissimo tempo (3 giorni) ed il risultato, pur se apprezzabile, a nostro avviso tuttavia non rende giustizia a quello che facciamo dal vivo. I nostri pezzi sono frutto di una combinazione fatta per il 90% di attitudine e istinto ed un 10% di tecnica. Quando ci chiudiamo in sala prove per partorire qualche nuova canzone, qualcuno porta delle idee (quasi sempre i chitarristi) e non facciamo altro che farci “correre” sopra i nostri strumenti . Per quello invece che riguarda i temi e i contenuti dei testi, mentre i musicisti sono in fase di arrangiamento del pezzo, io, lasciandomi trasportare dal groove della canzone, mi metto in un angolo e su un pezzo di carta scrivo le parole. E’ come se certi tipo di sonorità contengano già un testo che con aspetta altro che di essere svelato.

  • Per una band come gli Homebreakers, visto che non ci troviamo a Londra e non siamo negli anni '70, senza scendere troppo nei particolari, quanto è costato in termini di fatica e denaro il fatto di voler distribuire e pubblicare un proprio L.P?

Considerato il paese nel quale viviamo, mettersi lì a progettare, realizzare e pubblicare un disco, costa una fatica incredibile, soprattutto se tratta di un auto produzione come la nostra. Nessuna etichetta si è mai interessata a noi se non per estorcerci del denaro, cosa che abbiamo rifiutato e che rifiutiamo categoricamente anche in futuro. Abbiamo deciso di registrare un album prevalentemente perché ce lo chiedeva la gente che veniva ai nostri concerti e che voleva tornare a casa con un nostro disco per riascoltare le nostre canzoni. E poi anche perché ce lo hanno chiesto anche gli addetti ai lavori, alcuni giornalisti e promoters.

  • Molti anni fa una famosa rock star appartenente ad una notissima band di Los Angeles, in un'intervista rilasciata ad una rivista d'allora, alla domanda “che cosa volete dire con la vostra musica?” più o meno testualmente rispose: “ lo scopo principale della nostra musica è quello di far rilassare quei ragazzi che per otto o nove ore al giorno devono lavorare dentro a una fabbrica”. Se io girassi a te lo stesso quesito, che cosa mi risponderesti?

Più o meno potrei rispondere come quella rockstar: la nostra musica vuol solo comunicare gioia. L’obiettivo è quello di far star bene la gente che viene a vederci e leggere sui volti di chi sta sotto al palco il divertimento dello star tutti assieme. Della serie la band ed il pubblico stretti in un abbraccio comune, tanto per intenderci. Questa vita a cose normali ci presenta già un conto pure troppo salato, e a mio avviso non deve rovinare anche delle serate di sano divertimento con delle tematiche inappropriate allo scopo.

  • Ad eccezione di qualche locale, per una rock band come gli Homebreakers, conquistare spazi dove poter fare ascoltare la propria musica diventa giorno per giorno sempre più difficoltoso. Nonostante che il successo mondiale ottenuto da band prima di nicchia come Metallica e Guns'n'Roses abbia anche nel nostro paese spianato in qualche modo la strada alla musica rock, come ti spieghi il totale disinteresse delle grandi etichette e delle istituzioni in riguardo a questo tipo di musica?

Vorrei evitare di essere banale, ma non mi viene in mente nulla che non sia da ricondurre alla questione culturale. Il nostro paese ha ben altre tradizioni le quali sappiamo essere fortemente radicate nel tessuto di una società votata a una sorta di suicidio interculturale, che propone clichè di bassa lega fatti di sottoprodotti mediatici. In sostanza se vuoi suonare il rock and roll non dico con successo ma con soddisfazione, allora devi fartene una ragione a doverlo fare fuori dai confini nazionali. Le bands italiane, espansi finalmente i confini e demolite le cortine, all'estero sono finalmente apprezzate e se consideriamo anche i vantaggi dovuti alle nuove tecnologie dell'era moderna, allora è possibile ragionare a più ampio respiro ed uscire da una sorta di ghettizzazione a cui invece vieni costretto se te ne rimani nel nostro paese. Direi comunque che in Italia gli spazi per suonare ci sono eccome, piuttosto penso che siamo arrivati al punto in cui ci sono più persone sul palco che sotto: il nostro non è solo un paese di santi, navigatori e poeti ma anche e forse soprattutto di musicisti. Forse la domanda ormai supera l’offerta.

  • Tutte le crisi che hanno attraversato il mondo nel corso dei secoli, sono quasi sempre sfociate in eventi “grandiosi” che hanno portato poi a regimi totalitari. Se trasportiamo questo ragionamento nel campo dell'arte, trasmissioni di massa come Amici e Xfactor, cioè rotocalchi televisivi che ad ogni puntata tengono inchiodati davanti al televisore milioni di spettatori, sono per te crisi o eventi “grandiosi” che poi porteranno anche per quanto riguarda la musica a un regime totalitario?

Ahimè credo che questo atteggiamento decisamente “ostracistico” da parte dei grandi mezzi di comunicazione che propongono solo talent show, porti ad un inevitabile appiattimento artistico e conseguentemente ad un fenomeno pericoloso sia dal punto di vista sociale che culturale. Se ami fare questo genere di musica, beh allora non puoi e non devi guardare al tuo paese come a un esempio; anzi e purtroppo, tutto questo processo involutivo subito dalla cultura, ci ha ormai portati a guardare alla nostra nazione più come una minaccia che a un esempio. Purtroppo in Italia l’unico mercato di riferimento è il mainstream. L’underground invece è la terra di nessuno, un fenomeno fine a se stesso e senza sbocchi, un'area di parcheggio per sfigati. All’estero contrariamente esiste un vero e proprio mercato alternativo, un mercato fatto di addetti ai lavori più che professionali ed esperti. Per quanto riguarda la musica rock, infatti, l'invito che voglio rivolgere a tutti è quello di guardare al di fuori del nostro paese.
  • Il punk è morto quando i Clash firmarono con la C.B.S.”, disse qualcuno a suo tempo. Visto che il rock dovrebbe essere costituito da ingredienti genuini come sangue, sudore e lacrime, gli ingaggi milionari di molte rock star non pensi che possano snaturare anche questo tipo di musica?

Quando si parla di rock, a mio avviso, dovremmo sforzarci e evitare di farne una visione prettamente italiana. Fuori dall'Italia il rock è un genere di massa esattamente come il pop lo è nel nostro paese. Qualsiasi band underground può entrare in classifica e “svoltare” senza necessariamente dover leccare il culo a qualcuno. Detto questo, sappiamo tutti che i soldi ridanno la vista ai ciechi ed è ormai diventato normale vedere la debacle artistica delle band dopo che queste hanno cominciato a navigare in buone acque, ma questo accade un po’ in tutti i campi come ad esempio anche in quello sportivo. Restare con i piedi per terra e far si che il rock conservi intatti i propri connotati, secondo me è una cosa sì legata a un fatto di proletariato, ma molto dipende anche dalla tua formazione personale. In tal senso i nostri esempi sono gli AC/DC, i Motorhead, i Ramones e Slayer; gente che ce l’ha fatta senza mai dimenticare da dove provengono.

  • Da buon scrittore edito da una piccola casa editrice locale, mi sono sempre fatto una domanda: se per un qualunque motivo riuscissi a farmi pubblicare un libro da Rizzoli o Feltrinelli, avrei realizzato un sogno o entrerei a far parte di un ingranaggio che sono convinto non condividerei neanche tanto? Cosa ne pensi di questa faccenda?

A 44 anni i miei sogni sono ben altri che farmi pubblicare un disco dalla Sony o da qualche altra major. E’ chiaro che da cantante di una rock’n’roll band sogno di suonare con la band davanti a quanta più gente possibile e di farlo girando il mondo su un tour-bus, incontrare e conoscere gente e condividere tutto. Ma la realtà è ben altra e se accadesse l’impossibile penso di avere la maturità sufficiente per non allontanarmi sconsideratamente dalla realtà, considerato che molto probabilmente non sono neanche nato per far parte di certi ingranaggi e/o per condividerne gli effetti collaterali.
  • In maniera molto superficiale ma allo stesso tempo molto poetica, a me piace pensare che il blues sia stato in qualche modo il sindacato degli schiavi che a fine '800 e inizio '900 erano costretti a lavorare nelle piantagioni di cotone lungo le rive del Mississipi. Se io ti dico lavoratori e CgiL, tu cosa mi rispondi?

Ti rispondo che rappresentano un paradosso, un anomalia del sistema Italia, due cose che avrebbero dovuto andare a braccetto e che invece sono diventati due pianeti differenti, una palese rappresentazione del teatrino dell’assurdo dove la politica muove i fili del sindacato ed il lavoratore è solo spettatore.

  • Un paese, uno stato, ha bisogno per forza di cose di una classe politica che lo gestisca e lo diriga. Cosa pensi dei nostri attuali politici? Classe politica e classe dirigente, sono per te la stessa cosa o rappresentano due entità distinte ma fortemente intrecciate tra loro che però tuttavia agiscono su piani diversi?

La classe politica e quella dirigente vivono osmoticamente nel regno della corruzione e della mistificazione. Il labirintico e malvagio sistema da essi creato in Italia, in un paese civile basterebbe ed avanzerebbe per scatenare una rivoluzione dai connotati apocalittici. Il mostro a due teste viene cibato e nutrito dalla dilagante controcultura che ormai fa presa su un tessuto sociale lobotomizzato.

  • Quali sono i progetti futuri per gli Homebreakers?

I The Homebreakers sono alle prese con un significativo cambiamento all’interno delle proprie viscere. Batterista e bassista ci hanno abbandonati una quarantina di giorni fa, ma chi li ha rimpiazzati non ha fatto altro che aumentare il tasso tecnico-attitudinale della band. Ne gioverà di certo la nostra musica, ancora più diretta e più granitica. Con la nuova formazione saremo in tour in Europa a maggio per la prima volta, toccheremo paesi come Slovenia, forse Croazia ed Ungheria, poi Austria, Repubblica Ceca, Germania, Olanda e Belgio. Al ritorno penseremo seriamente a dare un fratellino a Heroes of Tearsvalley e se le etichette continueranno ad ignorarci, andremo avanti con l’auto produzione.

Hthe Homebreakers on YOUTUBE 

Intervistato da Nick Belanes.

venerdì 15 febbraio 2013

Sono in arrivo le prime interviste dalla piazzia, Raffaele di Martino e Maurizio Passaglia.

giovedì 14 febbraio 2013

PRESTO SU QUESTE PAGINE

I lavori di strutturazione stanno finendo. Presto prenderà il via su questo blog una serie d'interviste rilasciate da personi comuni, musicisti, artisti in generale, lavoratori, piccoli imprenditori, politici e sindacalisti. Il tutto, se Editore e Fortuna vorranno, poi verrà raccolto in un libro da consegnare ai posteri a mo d'istantanea di una società.