É
un paradosso, ma lottare per i propri diritti, per quanto sacrosanto,
per quanto giusto, è cosa ardua. É maledettamente difficile doversi
confrontare, ogni mattina, ogni giorno, con lo sguardo inquisitorio e
ingiusto dei capi e dei padroni. Ed è maledettamente più facile e
rassicurante fuggire quegli sguardi, rinunciando alla lotta, ma è
anche del tutto inutile. Fuggire dalla lotta comporta soltanto
l'accettazione passiva dell'ingiustizia e la consapevolezza della
propria personale sconfitta. Di più, significa decretare la
sconfitta anche di chi ti è caro: di un figlio, di un amico e di
chiunque condivida con te la tua stessa sorte. Significa accettare
ogni sorta di piccola e grande angheria, che sia un licenziamento
oppure il semplice rimbrotto che condanna una tua non colpa. É
inutile, perché sopportare tutto questo comporta la creazione di
tutta una complessa struttura di giustificazioni, e scuse puerili,
che rendano sopportabile la tua fuga, la tua codardia. Ma se ancora
riesci a sopportare il peso della tua ipocrisia, che ne sarà di te
quando tuo figlio dovrà reggerne il peso? Come giustificherai,
allora, il tuo chinar la testa? Domani, quando di prima mattina ti
guarderai allo specchio, quando le tue tante scuse saranno ancora
sopite, prova a reggere il tuo stesso sguardo; di una cosa sono
certo, non ci riuscirai, così come un domani sarai incapace di
sostenere quello di tuo figlio. Allora, forse, capirai, ma sarà
troppo tardi.
E'
vero, non è facile affrontare ogni giorno, quotidianamente, chi ha
la pretesa di ergersi al di sopra di te, senza diritto, magari solo
perché, genuflettendosi a profusione, è riuscito a strappare una
promozione. Ma è sempre e maledettamente più difficile dover
sopportare la propria ipocrisia. Perché chi sceglie di non
combattere, di fuggire, lo fa consapevolmente e consapevolmente sa di
scegliere la via dei non-uomini. L'uomo si differenzia da ogni altro
animale non solo per l'intelletto ma, soprattutto, per la volontà. A
differenza di tutti gli altri animali, l'uomo ha sempre
un'alternativa: l'intelletto la concepisce, la volontà la
concretizza. Non ci sono alibi, ma solo la triste e patetica presa di
coscienza della propria sconfitta.
Perché
si parla di cacasotto? E' un riflesso istintivo comune a tutti quegli
animali che hanno, come sola strategia per la sopravvivenza, la fuga.
L'animale che si prepara a scappare svuota l'intestino, si
alleggerisce, è costretto a farsela addosso. Una vita secondo natura
per il coniglio, una vita poco dignitosa per l'uomo. Credo che la via
più semplice e naturale, per un uomo, sia affrontare a viso aperto
le difficoltà della vita, piuttosto che vivere un'intera esistenza
con le mutande sporche di merda.
di Andrew Dok
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